Nel maggio scorso, nonostante fossi in attesa d’una complicata operazione agli occhi, e nonostante fossi parecchio fiaccata da vari farmaci invalidanti, decisi di partire egualmente per Creta.
Avevo sognato da tanto tempo di visitare l’isola che diede i natali a Zeus e non potevo più aspettare.
Tra l’altro, desideravo ardentemente completare il ciclo dedicato all’Odissea, iniziato due anni fa con i viaggi ad Itaca e nel Peloponneso.
Solo che, questa volta, pur continuando a spostarmi col mio zainetto in spalla e prevalentemente in bus, mi dovetti accontentare di un viaggio meno on the road.
Fui costretta, insomma, a prenotare in anticipo i piccoli hotel dove sostare, non solo a causa della mia grande spossatezza, ma anche perché Creta è, oramai in ogni stagione, assediata dai turisti.
Perciò niente, réportages inframezzati da immagini, delle mie avventure ma qualcosa d’altro.
Non ho voluto, però, eliminare del tutto le foto, scattate col mio modesto cellulare, foto che potete trovare in un album articolato nelle tappe più salienti: Creta.
Quanto alla scrittura di viaggio vera e propria, essa ha subito, questa volta, una metamorfosi, mutandosi in un saggetto: Perché parlar male dei Cretesi?
E vi assicuro che anche chi è completamente a digiuno di cultura minoica può benissimo giulebbarselo.
Tutto scaturisce da alcune intuizioni e illuminazioni, che mi folgorarono visitando Creta e soprattutto Cnosso, come sempre, filtrate attraverso la mia inguaribile “odisseomania”.