Dovrei proprio smetterla di scrivere di filosofia, almeno considerando quello che è successo ultimamente.
Perché, poco da fare, non ha mica portato tanto bene.
Cominciai Confessione filosofica, dove svisceravo i non facili rapporti che chi fa filosofia intrattiene col proprio corpo e, sul più bello, scoppiò una tremenda pandemia di Covid.
In seguito, per far fronte a diuturni lock-down, mi trincerai dietro e dentro al filosofo più incomprensibile di tutti e nacque Un anno con Eraclito. E quella, almeno, fu un’operazione salvifica, se non altro, perché un pensatore così disincantato e dissacrante insegna a sopravvivere meglio in un mondo ammorbato da troppi ridicoli so-tutto-io, soggetti che, peraltro, ignorano in toto che esista il lógos.
Già analizzando Eraclito, mi ero preoccupata di criticare la presunta centralità di pólemos (la guerra) nel suo pensiero, ed è in questo spirito che avevo poi deciso di riprendere in mano l’Iliade.
Pensavo, insomma, di scrivere qualcosa di alternativo rispetto alla rievocazione di quelle arcaiche battaglie: qualcosa che mostrasse come la guerra di Troia lasci anche spazio a stimolanti scene di pace. Volevo, in particolare, attrarre l’attenzione su certe pieghe del poema in cui emergono le caratteristiche peculiari del “canto”, ovvero della poesia epica.
E, inaspettatamente, ci trovammo tutti sull’orlo del terzo conflitto mondiale! Inoltre, di fronte alla palese prepotenza di chi vuol imporre la legge del più forte, persino il mio pacifismo, che credevo inscalfibile, cominciò a scricchiolare.
Tuttavia, i poemi omerici ci offrono, proprio in questi tempi particolarmente invivibili, uno splendido rifugio. Là possiamo, tra l’altro, trovare illuminanti riflessioni, le più antiche di cui disponiamo in Occidente, sul come fare poesia e soprattutto sui raffinati rapporti tra quello che diverrà l’autore e il suo “pubblico”.
E, proprio adesso, che siamo sommersi in continuazione da news false, o che vengono fatte passare per false anche quando non lo sono affatto, vi assicuro ci fa bene respirare un’aria più salubre, dove l’illusione non è certo la gemella della stupidità – quella di chi si crede l’unico depositario della verità – bensì l’effetto di una raffinata e dichiarata strategia “poetica” che ci trasporta oltre il presente.
Perciò, se volete dimenticare per un po’ gli orrori della guerra attuale, v’invito ad immergervi in Diamoci del tu”: l’antenato del “lettore” nei poemi omerici… e non solo.
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