Come è ormai tradizione da vari anni a questa parte, il 7 e l’8 marzo sono stata invitata dall’Università di Trieste (Dipartimento di Studi Umanistici, Filosofia) per parlare di uno dei problemi che, a mio avviso, ci rende la vita poco simpatica: la competitività. Alludo non tanto al competere in sé, a cui non tutti noi peraltro siamo portati, ma a quegli spiacevolissimi strascichi di aggressività e di invidia sociale che esso comporta.
Mi sono domandata, allora, se i miei amati Greci erano competitivi e, appurato che lo erano, se lo erano nella medesima maniera (becera) in cui lo sono i nostri contemporanei. Per accorgersene, basta dare un’occhiata al bassissimo livello dell’attuale agone politico, dove il rispetto per l’avversario è diventato un ferro vecchio…
Questa è la ragione per cui il titolo di queste lezioni triestine contiene una domanda: Invidia e agonalità: i Greci hanno qualcosa da insegnarci?
La risposta, come s’intuisce, è sin troppo scontata ed è: “Sì! Mille volte sì!”.
Anche questa volta, come oramai di rito, fornisco a chi vorrà leggermi le stesse rassicurazioni che faccio sempre agli studenti che poi mi ascolteranno: se non sapete nulla degli antichi Greci, niente paura! Son qua per rendervi agevole e, per quanto posso, leggero il cammino.
Mentre parlavo son stata registrata e quello che state per vedere è il frutto d’un paziente lavoro di trascrizione, con qualche taglio e con qualche piccola precisazione in più, in cui il tono colloquiale è stato gelosamente conservato.
Come temevo, ne è risultato un testo non proprio breve, il che mi ha impedito, a malincuore, di poter inserire i numerosi e partecipi interventi degli studenti; inoltre ho pensato che fosse meglio dividere il testo in tre files, che potrete scaricare direttamente cliccando qui, qui e qui.